< Previous20 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO L’ economia dell’idrogeno verde non determina emissioni di CO 2 , questo è uno degli aspetti più interessanti nella valuta- zione dell’uso dell’idrogeno nel sistema produttivo. Da questo punto di vista serve ipotizzare due diversi concetti evolutivi: Fuel change type e Technology change type. Nel primo caso, l’idrogeno verde va a sostituire combustibili fossili o idrogeno non rinnovabile in processi dove già è utilizzato, ad esempio, raffinerie, indu- stria chimica (produzione di ammoniaca), acciaierie. Nel secondo caso, non solo si utilizza idrogeno rinnovabile, ma lo si utilizza attraverso uno shift tec- nologico in applicazioni consumer per la produzione di calore e di elettricità. Gli scriventi sono convinti dell’opportunità di percorrere le due strade evolu- tive contemporaneamente, sia pur privilegiando cronologicamente (e quindi nell’immediato) quelle più attuabili. L’interesse per l’integrazione dell’idrogeno nella catena energetica riguar- da il rapporto che intercorre tra produzione e consumo: il focus in questo caso è sulla movimentazione di tale vettore energetico al fine che esso sia dispo- nibile per gli usi finali. L’uso di idrogeno rinnovabile dovrebbe evitare il mas- siccio ricorso al trasporto e, ove necessario, in prima istanza, potrebbe venire accolto nelle reti esistenti (entro un certo limite tecnico). Meno promettente potrebbe essere la creazione di reti dedicate o anche di mezzi di trasporto dedicati. A ogni buon conto, la movimentazione dell’idrogeno costituisce uno degli elementi di principale criticità perché questi possa divenire un vettore energetico di largo consumo. In linea di principio, il semplice steam reforming sembra essere la princi- pale fonte di produzione dell’idrogeno a livello mondiale, essendo un proces- so estremamente industrializzato, relativamente più semplice e decisamente meno costoso da realizzare rispetto agli altri metodi di produzione. Ragion per cui, la possibilità di un’evoluzione “green” di questo metodo di produzio- ne, attraverso l’eventuale utilizzo (e non lo stoccaggio) dell’anidride carbonica 4. Integrazione dell’idrogeno nella catena energetica21 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO prodotta nell’arco dell’attività, potrebbe essere verificata in una prima espan- sione del mercato dell’idrogeno. Molte industrie, infatti, potrebbero utilizzare la CO 2 per i loro processi: l industria edile, per la produzione di materiale inerte; l industria della plastica, per la produzione di polimeri, in particolare policarbonato; l industria agricola e ortofrutticola, per la realizzazione di fertilizzanti e per il miglioramento dei rendimenti dei processi biologici; l industria petrolifera, per la tecnica dell’Enhanced Oil Recovery[12]; l industria chimica, per la produzione di metanolo [13]. 4.1 Analisi del fabbisogno energetico primario per l’economia dell’idrogeno Anche con il più efficiente elettrolizzatore, per produrre un chilogrammo di idrogeno, saranno necessari almeno 41,7 kWh di l’elettricità. Di conseguen- za, per produrre la stessa quantità di idrogeno “verde” in sostituzione di quel- lo che oggi utilizzano le raffinerie italiane (circa 500 mila ton/anno), sarebbe- ro annualmente necessari grossomodo 28 TWh di energia. Per avere un’idea dell’entità dell’energia richiesta si pensi che nel 2019 la produzione fotovoltai- ca italiana è stata pari a 23,7 TW. È indubbio che tra un decennio la produzione attuale delle raffinerie sarà minore di oggi, perché l’accresciuta produzione di energia con fonti rinnova- bili ridurrà la domanda di prodotti petroliferi, soprattutto di benzina e gasolio. Crescerà però la produzione da parte delle bioraffinerie. Quella in via di rea- lizzazione presso Marsiglia, pur avendo una capacità produttiva molto ridotta rispetto alle raffinerie tradizionali (circa un decimo), consumerà 5 tonnellate di idrogeno verde al giorno (1825 ton/anno), che sarebbero prodotte da più di 100 MW fotovoltaici. Oltre ai settori industriali per cui l’idrogeno è già un consumo obbliga- to, ne esistono altri (siderurgia, cementifici, vetrerie) che, utilizzando carbone, emettono elevate quantità di anidride carbonica. L’unico modo per “decar- bonizzarli” è modificare il loro processo produttivo, in modo da sostituire il carbone con l’idrogeno. Gli impianti fotovoltaici richiesti per produrre l’energia elettrica necessaria a fornire l’idrogeno che, a sua volta sarebbe in grado di sostituire, ad esempio, 22 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO nel processo dell’acciaieria Ilva di Taranto, il carbone nell’eliminazione dell’os- sigeno dal semilavorato, prima di immetterlo nell’altoforno, occuperebbero circa 140 chilometri quadrati. In questo caso, però, dovrebbero essere tutti concentrati nei dintorni dell’impianto siderurgico, perché l’idrogeno presenta un altro limite legato al trasporto. Infatti, la quantità di energia contenuta in un suo metro cubo è grosso modo un terzo di quella del gas naturale, rendendo quindi più costoso il trasporto a distanza della medesima quantità di energia. Non a caso, finora l’85% dell’idrogeno è stato prodotto in prossimità del suo utilizzo. L’impatto ambientale di un simile insediamento fotovoltaico nell’area di Taranto ne renderebbe assai ardua la realizzazione, ma l’alternativa, una produzione eolica off-shore richiederebbe comunque un notevolissimo nume- ro di piattaforme, con conseguenti complicazioni. Di conseguenza, l’elevata domanda di energia elettrica richiesta per produrre idrogeno verde è inevi- tabilmente destinata a farne un prodotto “scarso”, da gestire quindi in modo oculato. Inoltre il problema del costo elevato dell’idrogeno deriva anche dalla sua scarsa, e finora onerosa e poco sostenibile produzione: nel 2019, l’Interna- tional Energy Agency (IEA) stima che su scala globale sono state prodotte 70 Mton di idrogeno consumando 275 Mtoe di energia, il 2% della domanda primaria globale di energia [14]. Circa due terzi dell’idrogeno è stato prodotto con processi di reforming utilizzando gas naturale e quindi con impatti consi- derevoli in termini di emissioni di CO 2 . L’idrogeno verde prodotto tramite elettrolizzatori, con l’utilizzo di elettri- cità proveniente da impianti FER, è la soluzione a più basso impatto emissivo tra le varie tipologie di idrogeno, ma è ancora lontana dall’essere economica- mente sostenibile, nonostante il crescente costo della CO 2 . Sempre secondo le stime IEA, rispetto al totale di 70 Mton, la quota di idrogeno verde prodotto con elettrolizzatori alimentati con elettricità proveniente da FER è solamente dello 0,1%. Considerati gli attuali valori di efficienza degli elettrolizzatori (tra il 60 e l’80 %, sulla base della tecnologia e del fattore di carico impiegato), la produzione di 70 Mton di idrogeno verde richiederebbe 3600 TWh (più dell’in- tera produzione di elettricità dell’UE per il 2019) e 617 mln di m 3 di acqua. Il prezzo dell’idrogeno verde è dovuto soprattutto al costo ancora molto alto delle apparecchiature necessarie per la sua produzione e stoccaggio che, non essendo ancora prodotte su grande scala, portano a CAPEX elevati per la loro installazione. A ciò vanno aggiunti i costi per la realizzazione dell’infrastruttura di trasporto e di distribuzione dell’idrogeno, o l’aggiornamento di quella esi- stente, dal punto di produzione alle utenze finali.23 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO 4.2 Quota destinabile al mercato dell’idrogeno Secondo il Green Deal Europeo, il PNIEC ed il PNRR, l’idrogeno dovrà rappresentare il vettore energetico della svolta, nella transizione energetica verso una produzione di energia con impatto carbonioso nullo, per far fronte alle esigenze di progressiva decarbonizzazione di settori con assenza di solu- zioni alternative (o con soluzioni meno competitive). Oggi il mercato di idrogeno prodotto attraverso fonti di energia rinnova- bili non ha trovato particolari sbocchi in Italia, infatti la quasi totalità dell’idro- geno usato viene prodotto attraverso steam reforming del metano. Impor- tante, nella prima fase di diffusione, è definire le modalità con cui produrre l’idrogeno necessario al fabbisogno energetico del paese e come riuscire a coadiuvare l’attuale classica produzione di energia attraverso le fonti rinnova- bili con la produzione di idrogeno. Se pensiamo a un impianto di produzione di energia elettrica da FER non programmabile (eolico, fotovoltaico…) già in funzione, per definire la potenza dell’elettrolizzatore da affiancare all’impianto è necessario soffermarsi su quello che è il suo funzionamento nell’arco produt- tivo e poter stabilire una possibile quota di energia destinabile all’elettrolisi e relativo accumulo di idrogeno. Quindi un elettrolizzatore deve essere scelto in base alla potenza dell’im- pianto di FER tenendo conto di quelli che sono i picchi di produzione e le curve di utilizzo delle utenze a esso collegato, consapevolmente certi che ri- mane in ogni caso preferibile l’utilizzo diretto dell’energia elettrica piuttosto che una conversione della stessa in idrogeno. Solo considerando questo driver è possibile tollerare un’aberrazione termodinamica ed energetica che vede i rendimenti di conversione determinare un illogico nella produzione di idroge- no verde, stante lo sconveniente bilancio energetico generale. Risulta quindi importante avviare a livello EU iniziative congiunte con associazioni delle fonti rinnovabili per definire e promuovere piani di sviluppo di grandi impianti inte- grati FER-H 2 , anche in aree a maggiore densità energetica e anche per utiliz- zare l’eventuale l’overgeneration elettrica ai fini della produzione di idrogeno. All’interno del PNRR è previsto un finanziamento per lo sviluppo di circa 1 GW di elettrolizzazione (circa 20 ton/h di idrogeno verde), per la produzione e il trasporto di idrogeno. Di fondamentale importanza sarà la scelta su come suddividere la produzione di idrogeno sul suolo italiano, se propendere per una soluzione centralizzata o decentralizzata, e se sia necessario predisporre la creazione di appositi centri di produzione di energia elettrica da fonti rinno- vabili adibiti alla sola produzione di idrogeno, in particolare per le applicazioni 24 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO particolarmente energivore e delle quali si vorrebbe ridurre drasticamente le emissioni di gas inquinanti. In particolare, emerge una notevole difficoltà di gestione di un’eventuale domanda energetica del settore hard-to-abate legata alla mole di idrogeno richiesta. Visto lo sviluppo futuro del numero degli impianti con fonti rinnova- bili distribuiti sul territorio italiano (2-2,5 milioni al 2030), si pone il dilemma impiantistico della taglia minima di impianti di elettrolisi. Inoltre, dando per scontato l’esclusione in una prima fase degli impianti di piccola taglia adibiti a uso civile, molto probabilmente l’unica soluzione percorribile sarebbe quella di dedicare una quota specifica di impianti FER, di nuova creazione, alla sola produzione di idrogeno e ciò per riuscire a perseguire gli obiettivi che l’Euro- pa assegna agli Stati Membri. I vantaggi offerti da una soluzione on-site sono i prezzi dell’energia più vantaggiosi e l’abbattimento dei costi di trasporto dell’energia al luogo di produzione dell’idrogeno. Tra le preoccupazioni che sorgono in questo scenario c’è quella legata all’individualizzazione di impianti utilizzabili per questo scopo, con sufficiente spazio per accogliere un impianto di produzione di idrogeno nelle immediate vicinanze. Già solo queste ipotesi evidenziano una lacunosa programmazione del nostro Paese sullo sviluppo dell’idrogeno, basata piuttosto su logiche di emulazione che su una reale pro- grammazione razionale dello sviluppo del settore energetico. 4.3 Trasporto dell’idrogeno Il trasporto, la distribuzione e il trattamento dell’idrogeno sono conside- rati un nodo di particolare importanza nell’intera filiera dell’idrogeno, oltre a essere delle realtà molto articolate, piene di soluzioni e applicazioni che fanno da ponte tra la prima fase di produzione dell’idrogeno e gli usi ultimi, sia come utenza finale (domestica o industriale) sia come utenza commerciale (rivendito- re). In questo contesto di evoluzione della società verso un’economia comple- tamente decarbonizzata, è chiaramente possibile un aumento delle necessità di trasporto e distribuzione del vettore energetico idrogeno per soddisfare i diversi bisogni delle varie utenze energetiche. Studi di settore [15] recenti hanno evidenziato come nel medio termine, con gli attuali obiettivi al 2030, l’opzione di un trasporto diffuso di idrogeno comporti investimenti non trascurabili sulle pipeline di idrogeno, tanto da ren- derlo al momento sconsigliabile. Appare quindi più probabile e opportuno puntare da subito su impianti e progetti che minimizzino il trasporto dell’idro- geno.25 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO 5. Le dinamiche di domanda dell’idrogeno L a Strategia Nazionale Idrogeno, punta ad accelerare il raggiungi- mento degli obiettivi già fissati dal PNIEC, con il 2% di penetra- zione dell’idrogeno nella domanda energetica finale del 2030. Per raggiungere questo obiettivo e, in attesa del testo definitivo com- pleto della Strategia Nazionale Idrogeno, le linee guida indicano i seguenti strumenti di finanziamento previsti: l Innovation Fund. Programma con cui Bruxelles investe in progetti sul- le tecnologie pulite, che siano promettenti e abbastanza maturi per il mercato, tra le quali l’idrogeno. Sono già state lanciate due call, per progetti di grande e piccola scala ed è stato fornito supporto (utilizzabile in combinazione con altre iniziative di finanziamento pubblico) anche per progetti promettenti ma non ancora maturi per il mercato; l Progetti di Interesse Comune Europeo (IPCEI), lungo la catena strategi- ca del valore dell’idrogeno. L’Italia e altri Stati membri della UE hanno firmato il primo accordo per la collaborazione e il sostegno (in termini di risorse e finanziamenti) lungo la filiera dell’idrogeno, con particolare attenzione all’idrogeno verde. Il primo IPCEI è incentrato su “Tecnolo- gie e sistemi dell’idrogeno” e riguarda tutta la catena del valore, dalla R&S alla produzione di idrogeno e relative attrezzature (elettrolizzatori - strumenti attraverso cui ottenere l’idrogeno verde prodotto da elet- trolisi dell’acqua alimentata con energia di rinnovabile - attrezzature per lo stoccaggio, trasporto), all’utilizzo dell’idrogeno nell’ecosistema della mobilità (navi, aerei, veicoli commerciali), agli usi industriali (soprattutto per la decarbonizzazione dei settori ad alta intensità energetica); l Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR. Il Governo sostiene la filiera dell’idrogeno e, coerentemente con la Strategia idrogeno, chiede che si realizzi l’installazione di 6 GW di capacità di elettrolisi (120 ton/h di H 2 ) e la produzione e il trasporto di un milione di tonnellate di idro-26 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO geno rinnovabile, entro il 2025. Verrà finanziato lo sviluppo di 1 GW di elettrolizzazione, nonché la produzione e il trasporto di idrogeno per un ammontare che sarà dettagliato nella Strategia Idrogeno di prossima pubblicazione. Altri finanziamenti riguardano lo sviluppo di 40 stazioni di rifornimento per veicoli su ruota a idrogeno e 9 per il trasporto ferro- viario (dando priorità alle aree strategiche per i trasporti stradali pesanti, quali le zone prossime a terminal interni e le rotte più densamente attra- versate da camion a lungo raggio). In generale, i progetti di investimento finanziati dal Recovery Plan, in tema di idrogeno, sono racchiusi nelle seguenti aree tematiche: l produzione di Hydrogen Valley (siti di produzione, stoccaggio e utilizzo di idrogeno) in aree industriali dismesse; l utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate (es: acciaierie, cementifici, vetrerie, raffinerie); l stazioni di ricarica di idrogeno per il trasporto stradale; l stazioni di ricarica di idrogeno per il trasporto ferroviario; l ricerca e sviluppo sull’idrogeno. Con riferimento alle Hydrogen Valleys, risulterà importante la loro disloca- zione sul territorio italiano, in particolare puntando sui territori che hanno una maggiore produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nei quali è possi- bile orientare i picchi di produzione di energia elettrica verso gli elettrolizzatori. Le Hydrogen Valleys in via di definizione a livello nazionale si prefiggono di sviluppare una filiera dell’idrogeno promuovendo la realizzazione di sistemi di produzione di idrogeno associati a impianti FER, lo stoccaggio e la distribu- zione dell’idrogeno, nonché i suoi usi. Considerando l’attuale scenario italiano, la copertura del fabbisogno ener- getico da parte del vettore idrogeno risulta essere davvero poco confortante poiché rappresenta solo l’1% dell’intero consumo di energia nazionale, con un valore di circa 16 TWh a fronte di circa 1436 TWh di richiesta delle utenze che equivalgono a circa 480 mila ton/anno, di cui circa 8500 ton/anno risultano commercializzati in bombole e in apposite tubature [16]. Da evidenziare inoltre che tale attuale produzione di idrogeno è qua- si esclusivamente appannaggio della filiera del cosiddetto idrogeno “gri-27 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO gio”, ovvero l’idrogeno prodotto da fonti di energia non rinnovabili e che, nell’arco di tutto il processo di produzione, rilascia nell’ambiente gas serra come CO 2 . Nonostante l’esigua percentuale di idrogeno consuma- to, rispetto al fabbisogno energetico all’interno del territorio italiano, tale vettore energetico, in particolare se prodotto attraverso dei processi di produzione legati alla filiera delle fonti energetiche rinnovabili (idrogeno verde), può rappresentare il crocevia per l’abbattimento delle emissioni di gas serra, specie in settori nei quali la conversione degli attuali sistemi di energizzazione in elettrici risulta essere quasi impossibile o estremamen- te dispendiosa; questo perché esso è applicabile potenzialmente in tutti i settori energetici ed emette come prodotto di “scarto” vapore acqueo. Da questo punto è necessario quindi definire quella che dovrà essere la poten- ziale nuova domanda di idrogeno verde. In questa direzione è necessario definire l’attuale fabbisogno energetico di tutti quei settori, quali industria siderurgica, chimica, vetro e ceramica, nei quali è meno indicato o impos- sibile l’uso di energia elettrica in sostituzione delle attuali soluzioni tecno- logiche utilizzate, a causa delle onerose spese annesse alla conversione. Quindi bisogna stabilire in che percentuale questo fabbisogno energetico potrà essere soddisfatto utilizzando l’idrogeno. L’individuazione della potenziale domanda di idrogeno in riferimento ai trasporti, siano essi pubblici o privati, potrebbe essere complessa da indivi- duare: in merito a tale campo, l’attuale scarsa diffusione di powertrain a idro- geno, soprattutto in ambito nazionale, non permette di quantificare o ipotiz- zare, in maniera definita, quello che può essere il consumo di questo vettore energetico nel breve e nel lungo periodo, soprattutto se si pensa all’attuale espansione smisurata del mercato dei veicoli a trazione elettrica, in particolare dei veicoli medio-piccoli (passenger car e city car), che potrebbe a breve fago- citare e correttamente monopolizzare l’intero settore. Ciò che sembra certo, allo stato attuale dell’arte, è che la maggiore richiesta di idrogeno nel campo dei trasporti, in futuro, sarà legata allo sviluppo delle soluzioni di mezzi di tra- sporto pesanti, nei quali l’eventuale presenza di un serbatoio di contenimento del vettore energetico risulterà un problema di ingombro e di peso decisa- mente inferiore rispetto all’utilizzo su autoveicoli di medio-piccole dimensioni. Oltre ciò, un’ulteriore possibile domanda potrebbe essere rappresentata dalla immediata riconversione dei mezzi pubblici di città (es. quelli attualmente a metano), i quali non avrebbero il problema di una rete di ricarica dell’idro- geno e contribuirebbero in forma decisa al contenimento delle emissioni nei centri urbani. Altrettanto promettenti potrebbero essere le applicazioni che utilizzano l’idrogeno in turbogas di medie e piccole dimensioni, in taluni casi 28 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO in sostituzione dei motori alternativi, utilizzati come range extender nelle con- figurazioni “ibride-serie” o per la generazione di energia a punto fisso. La domanda energetica di idrogeno puro proveniente da impianti di abi- tazioni civili al momento risulta prossima allo zero e l’applicazione in questo campo può essere presa in considerazione solo attraverso la miscelazione nel- la rete del gas metano (8-35%). 5.1 Idrogeno per la richiesta di calore, vapore e grandi quantità di energia Per perseguire l’obiettivo di ridurre drasticamente le emissioni di inqui- nanti, la decarbonizzazione dei processi produttivi hard-to-abate è senza om- bra di dubbio fondamentale. Il calore industriale ad alta temperatura è una potenziale fonte di crescita della domanda di idrogeno nel futuro, ma oggi l’idrogeno non viene ancora utilizzato per questi fini. 5.2 Produzione di acciaio, ceramica e vetro In media, la produzione di una tonnellata di acciaio grezzo si traduce at- tualmente in circa 1,4 tonnellate di produzione diretta di emissioni di CO 2 . Sono in fase di sviluppo diversi percorsi più puliti che porterebbero in modo significativo a ridurre le emissioni di CO 2 per la produzione primaria di ferro e acciaio. Questi possono essere suddivisi in due categorie: l i percorsi di “prevenzione della produzione di CO 2 ” che cercano di evi- tare la maggior parte delle emissioni di CO 2 adottando fonti di energia a basse emissioni di carbonio e agenti di riduzione, solitamente utilizzan- do l’idrogeno; l i percorsi di “gestione della CO 2 ” che mirano al recupero e alla gestione della CO 2 associati a percorsi tradizionali basati sui combustibili fossili, di solito tramite l’applicazione diretta di CCUS. Il settore siderurgico, in un futuro scenario “carbon neutral” previsto per il 2050, ha le potenzialità per diventare un importante consumatore di idrogeno, qualora si realizzassero le condizioni tecnologiche, regolatorie e soprattutto economiche per un suo impiego competitivo a livello industriale. In ambito si- derurgico, infatti, sono attualmente in fase di sviluppo tecnologie che, qualora fossero implementate su scala industriale, consentirebbero l’impiego dell’idro- geno, sia come agente riducente del minerale di ferro in sostituzione del car-29 ABSTRACT L’ECONOMIA DELL’IDROGENO A IMPATTO CARBONIOSO NULLO bone (CDA – Carbon Direct Avoidance), sia come combustibile in sostituzione del gas naturale nei forni e nei processi a elevate temperature [16]. A lungo termine, l’acciaio e la produzione di calore ad alta temperatura offrono un vasto potenziale per la crescita della domanda di idrogeno. Do- vrebbe essere tecnicamente possibile produrre tutto l’acciaio primario con l’idrogeno, ma ciò richiederebbe grandi quantità di elettricità proveniente da fonti rinnovabili (circa 2.500 TWh/anno, ovvero circa il 10% della produzione globale di elettricità oggi) e sarebbe economico solo con politiche mirate a ridurre i prezzi dell’elettricità da rinnovabili [17]. Oggi, il 75% delle emissioni dei forni di vetro piano derivano dall’utilizzo di combustibili fossili per la fusione delle materie prime. Il passaggio a una fonte di energia a zero emissioni nette di carbonio presenta un importante potenziale di riduzione che potrà concretizzarsi solo in presenza di una tec- nologia dei forni adatta all’utilizzo di nuove fonti di energia e che deve an- cora essere sviluppata e testata. Inoltre, le nuove fonti di energia alternativa dovranno essere disponibili in qualità e quantità sufficiente e ad un costo ragionevole. L’iniezione di oltre il 20% di idrogeno nella rete del gas richiede- rebbe un adattamento della tecnologia di combustione dei forni ancora da sviluppare. L’idrogeno ha un’alta velocità di combustione e una fiamma non luminosa difficile da controllare. Mentre il trasferimento di calore contribuisce all’efficienza della fusione, le fiamme da idrogeno meno luminose hanno un basso trasferimento di calore da radiazione [16]. Ragion per cui è necessario prima riuscire a risolvere i problemi presenti in questo tipo di applicazione per poter poi successivamente pensare di estendere l’uso dell’idrogeno anche in questo campo. In linea generale, viste le imponenti quantità di combustibile necessarie allo svolgimento delle numerose attività industriali appena descritte, sareb- be opportuno uno studio di logistica dei punti di produzione di idrogeno in modo da poter ridurre al minimo i costi e i rischi del trasporto.Next >