Inquinamento dell’aria: colpevoli sono le fossili, non si cerchino alibi accusando le biomasse che sono una delle fonti più economiche.
ROMA, 28 GENNAIO 2020 – Il blocco delle autovetture diesel – anche recenti – è arrivato con la solita puntualità annuale assieme al concentrarsi degli inquinanti dovuto, anche, alle condizioni meteo. E in mancanza di interventi strutturali ai sindaci delle grandi metropoli italiani non è rimasto che bloccare il traffico privato e sperare che la pioggia abbattesse al suolo le polveri sottili. Mancato potenziamento della mobilità collettiva, assenza di uno sviluppo organico di sistemi di ricarica elettrica e incertezze normative sulla micromobilità hanno prodotto un aumento esponenziale della mobilità privata a propulsione fossile che a Roma, una delle città in crisi, è responsabile per il 60% delle polveri sottili. «Per alcuni media però la responsabilità è di altri – afferma G.B Zorzoli presidente del Coordinamento Free – Ed ecco che il colpevole sarebbe il riscaldamento a biomassa. Ossia la legna. Si tratta di un’incongruenza assoluta. Il legno nelle sue varie forme d’utilizzo se utilizzato in bruciatori moderni e innovativi ha un’emissione di polveri molto ridotta e la qualità fa la differenza.
«Tra una stufa a pellet certificata secondo il protocollo Ariapulita* con una stella e quella a cinque stelle c’è una differenza dell’80% in meno di polveri sottili emesse.- afferma Marino Berton dell’Associazione Italiana Energie Agroforestali (Aiel) associata a Free – E a oggi con questo protocollo sono certificate ben 2.600 prodotti con 4 e 5 stelle».
Oltre a ciò, secondo Aiel, il contesto generale nel quale si accusano le stufe a legna è descritto in maniera errata. Per prima cosa non c’è stato alcun aumento dei consumi residenziali di legna e pellet, anzi negli ultimi anni in Veneto il consumo di legna è calato di 260mila tonnellate, mentre sempre le stufe a legna sono aumentate dell’1% e in Lombardia sono rimaste stabili.
«E le emissioni dalla combustione di biomasse legnose sono diminuite in entrambe le regioni, del 30% in Lombardia e del 20% in Veneto grazie al ricambio tecnologico imposto anche dalla recente messa al bando nella Pianura Padana dei generatori a 2 e 3 stelle», fanno notare da Aiel.
Per utilizzare generatori a biomasse con un basso impatto si deve utilizzare sempre legna di buona qualità – ossia con un basso livello di umidità che ottimizza al combustione – che è certificata, anche se solo in apparenza più costosa.
«La legna con il 50% di umidità costa meno solo in apparenza, ma se vediamo il calore prodotto diventa più conveniente. – prosegue Zorzoli – 1.000 kWh con il 50% di umidità costano 52,2 euro mentre se si usa legna con il 20% di umidità il costo scende a 36,7 euro. Per non parlare delle emissioni climalteranti. Per ogni 1.000 kWh di energia primaria prodotta, il gasolio emette in atmosfera 326 kg di CO2 eq, il GPL 270 kg di CO2 eq, il metano 250 kg di CO2 equivalente, il pellet 29 kg di CO2 eq, la legna da ardere 25 kg di CO2 eq. In pratica la legna emette CO2 13 volte in meno rispetto al gasolio e 10 volte in meno rispetto al metano». Oltre a ciò la legna è il combustibile più economico per il riscaldamento, visto che non si pagano le accise. Per un appartamento da 100 mq in classe E sono necessari 1200 euro di metano l’anno per essere riscaldato contro i 550 della legna.
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