L’aiuto dai ragazzi

Sul clima ci stiamo avviando sulla strada giusta ma troppo lentamente. Dobbiamo puntare anche sui giovani. La rubrica di FREE su QualEnergia numero 4/2023 di Attilio Piattelli

L’ultimo “World Energy Transition Outlook” dell’IRENA, riporta l’andamento annuale della capacità elettrica rinnovabile e non, installata dal 2002 al 2022. Nel 2002 la rinnovabile era solo il 15%, nel 2014 ha eguagliato quella fossile e l’anno scorso era l’83%. Il mondo ha scelto: il futuro sarà delle rinnovabili. Ciò vuol dire che le politiche portate avanti dai paesi sono state in grado di dare i giusti stimoli a ricerca e innovazione tecnologica e che alcune tecnologie rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico, sono mature; vuol dire che l’industria ha reagito puntando su produzioni in larga scala, rendendole più competitive; vuol dire che il mondo produttivo e quello finanziario si sono accorti del cambiamento e ci hanno scommesso.

Ciò vuol dire che in pochi anni la nuova capacità fossile sarà destinata a sparire dalla produzione elettrica. Questo trend lo si apprezza osservando la curva delle emissioni di CO2 da generazione elettrica, la cui crescita è rallentata negli ultimi anni e che nel giro di pochissimi anni inizierà a decrescere. Dobbiamo però tornare alla cruda realtà alla quale ci riportano gli scienziati. Nell’ultimo report, l’IPCC dice chiaramente che le attuali politiche non sono adeguate al limite di 1,5 °C anzi, per ora siamo lontani anche dall’obiettivo dei 2 °C, oltre i quali il cambiamento climatico avrà effetti imprevedibili e non più controllabili. Serve fare di più. Molto di più.

Non possiamo affidarci solo alle tecnologie o alle politiche degli Stati e non possiamo contare neppure sul tempo, perché non ci aiuta. Trent’anni passano velocemente e molti dei nostri stili di vita andranno rimodulati alle esigenze imposte dalla transizione energetica. Non significa necessariamente fare dei sacrifici ma comprendere a fondo i problemi e attuare comportamenti conseguenti. Su questo fronte siamo molto indietro poiché oggi il cambiamento climatico è raccontato male e per slogan. Si stimola la polarizzazione tra chi è pro e chi è contro: si crede o no al cambiamento climatico, si è a favore o contro il fotovoltaico a terra o l’eolico, si è pro nucleare e contro le rinnovabili o viceversa, pro auto elettrica o contro.

Così, non si va da nessuna parte. Per poter avere l’ingaggio delle persone bisogna che siano convinte mentre oggi si è ideologicamente pro o contro perché la transizione non viene spiegata. Stiamo fallendo perché la transizione sembra sia una cosa che riguardi la politica, gli scienziati, la tecnologia e invece riguarda la società e soprattutto i ragazzi. Come abbiamo fatto a non renderci conto che è proprio sui ragazzi che dobbiamo puntare per avere il coinvolgimento di tutta la società? Come abbiamo potuto pensare che la sostenibilità e la transizione energetica possano essere abbracciate senza portarle nelle scuole? Eppure, se guardiamo all’Italia, non c’è uno straccio di programma su questo.

Nulla su transizione energetica, economia circolare, perdita di biodiversità, impatto delle azioni umane sull’ambiente. Siamo in tanti ma verso l’obiettivo stanno correndo solo in pochissimi. Se si vuole arrivare e, soprattutto in tempo, bisogna correre tutti assieme e indicare come farlo. Per capire che si corre verso un mondo migliore. Riportiamo la scuola a far bene il suo mestiere e insegniamo ai ragazzi a correre.

 

Rubrica Attilio Piattelli QualEnergia 4 2023

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